VENERDI' SANTO - Processione dei Misteri

Nata nel 600 ad opera della Congrega dei Turchini come corteo penitenziale dai contenuti scarni e primitivi (i partecipanti portavano il cilicio e si autoflagellavano a sangue), ristretta nell'ambito dell'antico borgo medievale di Terra Murata, si modificò negli anni per l'intervento della Chiesa che proibì spettacoli cruenti.
Fu allora che cominciarono a comparire, come sostituti delle pene corporali che i partecipanti infliggevano a se stessi, i “simboli” della Passione, quali i chiodi, la corona di spine, la lancia di Longino ed altri. La simbologia si è andata sempre più arricchendo nel corso dei secoli, man mano che il percorso si estendeva al resto dell'isola, fino a raggiungere la forma attuale.
Al limite tra la manifestazione religiosa, l'evento folcloristico ed il fatto di costume (questi tre aspetti sono inscindibili), essa si differenzia profondamente dalle altre numerose manifestazioni del genere che si sogliono tenere nel corso della Settimana Santa in vari paesi, soprattutto dell'Italia meridionale e della Spagna, come Siviglia.

La sua peculiarità è che essa non è mai simile a quella dell'anno precedente, pur essendo il tema basilare sempre lo stesso, cioè la vita, la passione e la morte di Cristo.
Affidata per la realizzazione alla Congrega dei Turchini (detti così per il colore della mantellina, la cosiddetta “mozzetta”) essa consta di una serie di “Misteri” a tema fisso, consistenti in statue e gruppi plastici che sono sempre gli stessi, ed un'altra di “Misteri” a contenuto variabile frutto dell'inventiva e dell'immaginazione dei giovani procidani, riunitisi nell'associazione “I Ragazzi dei Misteri”.
Uno squillo di tromba dal suono particolare seguito da tre colpi di tamburo apre il corteo, forse al ricordo del suono di tromba che precedeva i condannati a morte nell' antica Roma. Questo squillo lacerante e suggestivo si ode spesso anche di notte, nel mese che precede la Pasqua , per le stradine dell' isola o dal mare, portato dal vento.
Sono i giovani che girano per Procida per esercitarsi. Se, per caso, ti capita di udirlo sotto casa tua mentre dormi, hai un sobbalzo e ti svegli del tutto come se il suono evocasse antichi fantasmi. E' il fascino della tromba del Venerdì Santo!

Si snoda la lunga serie di “Misteri”: alcuni mastodontici portati a braccia da giovani robusti che pur sentono la fatica, altri minuscoli affidati a bambini. I temi che rappresentano, sempre inerenti alla vita e passione di Cristo, sono i più vari e realizzati dai giovani stessi secondo la loro inventiva e la loro immaginazione. La realizzazione di essi richiede una grande progettualità ed una notevole abilità che i giovani procidani (nessuno di loro è un professionista del ramo) sembra abbiano acquisito nel corso dei secoli.

La preparazione di un “Mistero”, che a volta dura due mesi, è un forte momento di aggregazione giovanile. I ragazzi attraverso di essi esprimono, talvolta in maniera irruenta e piuttosto disinibita, le loro istanze ed i loro giudizi sugli accadimenti della società e del mondo.
Ed è proprio quest'ultimo aspetto che dà alla processione una connotazione sociale che va ben al di là della semplice rievocazione celebrativa, sia pure di un evento religioso, facendola diventare una cosa viva e sempre più attuale. E' come se il messaggio di Cristo venisse urlato senza ipocrisie contro i Farisei di turno.
La preparazione dei “Misteri” e la partecipazione alla processione è un momento corale per la popolazione di tutta l'isola: vi partecipano circa 2000 figuranti.


Si inizia fin dalla più tenera età con il vestirsi da “angioletto” (il vestito nero riccamente ricamato, su cui sono appuntati generosi gioielli veri di oro giallo, e il lungo pennacchio del cappello sono di chiara derivazione spagnola) e si continua, man mano che i ragazzi crescono, col portare delle piccole croci o dei vassoi con i trenta denari, fino ad arrivare, in età giovanile, alla preparazione dei “Misteri” più grossi ed impegnativi come le famose “Ultima cena” di Gesù, di cui esistono varie versioni, che sono una vera esplosione di colori, di odori e di sapori facilmente intuibili.


Il momento culminante e sicuramente più suggestivo della processione è il passaggio della statua del Cristo Morto, bella scultura in legno del 700 napoletano. “Carminus Lantriceni sculptor. Neapoli 1728”; la scritta autografa si legge sulla base di essa.


Portata a spalle dai confratelli dei “Turchini”, coperta da un velo nero che ne copre, ma non nasconde del tutto, la possente muscolatura, induce in chi la guarda un forte senso di commozione e di pietà. La folla ai lati della strada ammutolisce. Si ode solo il passo cadenzato dei portatori cui fanno da sottofondo le note struggenti della “Jone”, una marcia funebre da sempre eseguita dietro il Cristo Morto, che nell' immaginario collettivo procidano ne è diventata quasi sinonimo.
Negli intervalli in cui la musica tace, le voci maschili e un po' stonate dei confratelli intonano il “Salvete Cristi Vulnera”. Il canto man mano che si allontana, si affievolisce poco a poco fino a spegnersi del tutto. Rimane in chi ha assistito al passaggio della processione solo la sensazione di aver vissuto in questo venerdì una giornata particolare. Sì, è il “Venerdì Santo” procidano!




- Testo a cura del dott. Giacomo Retaggio, tratto dal sito I ragazzi dei Misteri.
- Foto tratte dal sito I ragazzi dei Misteri.


Filmato storico